Il 23 maggio di trentuno anni fa la mafia uccide il giudice Giovanni Falcone che, a breve, sarebbe diventato procuratore nazionale antimafia.
Meno di due mesi dopo, il 19 giugno, perde la vita anche Paolo Borsellino, il magistrato che, con Falcone, aveva fatto parte del pool antimafia e costruito l’impianto del maxiprocesso di Palermo.
Con Giovanni Falcone persero la vita la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della sua scorta, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro. Unico supersite fu l’autista Giuseppe Costanza, ospite a Molfetta ad aprile scorso di un incontro organizzato dall’Associazione Avvocati Molfetta.
«La mafia prova a mostrare la sua forza – le parole del sindaco Minervini – e di lì comincia a perdere. Perché è da quelle macerie che si solleva, ancora più forte, il grido di Giustizia.
Ricordare oggi quanto è accaduto il 23 maggio di trentuno anni fa, permette di ridare voce a Falcone e a coloro che hanno sfidato le mafie. Per questo oggi non è e non deve essere una semplice commemorazione.
È l’occasione per trovare nuova linfa per opporci con forza e determinazione alla illegalità, ad ogni forma di illegalità e di violenza. Non dobbiamo rendere vano il sacrificio di chi, pur sapendo i rischi che correva, ha continuato nella sua missione a testa alta.
Mi rivolgo soprattutto ai giovani che mai devono piegarsi alle ingiustizie, ai soprusi, mai devono scendere a patti a cominciare de se stessi e poi verso gli altri, mai devono girare la testa dall’altra parte. La giustizia si forma e si realizza con la cultura della legalità a partire da ciascuno di noi».