SETTIMANA SANTA, IL PROGRAMMA DEGLI EVENTI A CURA DELLA CONFRATERNITA DI MARIA SS DEL CARMELO
Molfetta. Il programma prevede una novità l’esposizione del Repositorio presso la Chiesa di San Pietro e non nel Duomo
Molfetta. La cerimonia di intitolazione si terrà nella mattinata di domani alla presenza delle autorità civili e militari e dei rappresentanti di diverse associazioni molfettesi
Il Comune di Molfetta da domani avrà ufficialmente una strada intitolata alla memoria di Antonia e Giacomina De Bari, le due sorelle brutalmente assassinate per mano di un balordo che il 7 maggio del 1945 si rese responsabile di un attentato.
La strada che verrà intitolata alle sorelle De Bari è il prolungamento che da via Samarelli conduce a via della Repubblica. Proprio qui alle ore 11 di domani, sabato 4 giugno, si terrà la cerimonia di intitolazione che vedrà la partecipazione delle autorità istituzionali cittadine, del Cav. Sergio Ragno, presidente dell’associazione Eredi della Storia e i rappresentanti di: ANMIG, Consulta femminile, Fidapa e Società Operaia. Ai presenti si uniranno con le bandiere di rappresentanza anche i membri delle associazioni combattentistiche e d’arma.
In corrispondenza della targa che sarà scoperta domani, l’associazione Eredi della Storia apporrà un mazzo di fiori bianchi per rendere onore al sacrificio delle due giovani donne. La sera del sette maggio 1945 la popolazione molfettese scende per le strade ed affolla le piazze cittadine per gioire della effettiva fine della guerra. Giacomina de Bari, sette anni, e Antonia de Bari, diciotto, si trovavano di fronte l’attuale Piazza Minuto Pesce, ove si stava tenendo un comizio, quando dall’edificio adiacente fu lanciata una bomba che uccise sul colpo la sventurata Antonia e lasciò agonizzante, per sette strazianti giorni, la giovane Giacomina. Loro furono le due vittime, ma l’attentato fece anche diversi feriti.
Chi fu l’artefice della strage non si è mai realmente saputo. Venne piuttosto trovato un capro espiatorio in un soldato inglese appostato come cecchino sull’attico di palazzo Gallo – Panunzio, ubriaco al momento dell’esplosione. Ma in quel luogo, esattamente dove ci fu la deflagrazione, c’erano due presìdi: uno di militari inglesi, al porto, con compiti di vettovagliamento e, poco più in là, quello fascista (esattamente dove fino a poco tempo fa era la sede dell’INAM). La voce che si sparse tra la popolazione, invece, attribuiva la responsabilità ad un manipolo di giovani fascisti che, per controbattere la manifestazione relativa all’avvenuta liberazione, lanciarono la bomba. Le indagini andarono avanti e si conclusero il giorno in cui entrò in vigore l’armistizio di Togliatti nel 1946: del soldato inglese non si seppe più nulla e i documenti relativi al caso andarono perduti in un incendio avvenuto a Roma. Ricostruzioni successive, volte a stabilire le cause dell’attentato e rese possibili grazie a testimonianze dirette e documenti rinvenuti, rimandano a contrasti ideologici interni al nuovo governo cittadino.
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